Perché Philip Seymour Hoffman mi mancherà tanto. Ma tanto
by rainwiz. Average Reading Time: about 3 minutes.
Philip Seymour Hoffman se ne va da questo mondo praticamente mentre io bevo la seconda ale, in un piovoso pomeriggio gallese. Negli ultimi 10 anni è stato il mio attore preferito: mi bastava sapere che fosse in un misero angolo di cartellone per convincermi ad andare a vedere un film.
Ricordo perfettamente quando l’ho notato per la prima volta: era il 1998 e al cinema Farnese proiettavano Happiness, il capolavoro di Todd Solonz. Un film tetro, disperato, crudele; una galleria della miseria umana, compreso questo ragazzone che spiava la sua vicina sexy e le telefonava di nascosto.
Sudaticcio, con lo sguardo diagonale verso il basso, una montatura troppo piccola per quel faccione. Capace di essere fuori posto ovunque, spaventato delle conseguenze collegate alla sua stessa esistenza. A disagio con tutti e tutto eppure lucido verso se stesso. In sintesi: adorabile. È la storia di una metamorfosi che parte dallo studente tronfio di Scent of a woman, passa per le prime delusioni di Boogie Nights
inizia a incrinare la fiducia in se stesso con le risate forzate di The Big Lebowski
fino all’essere diventati invisibili per il mondo, piangenti e inascoltati nella bolla creata da Solonz
Un anno dopo alternando occhi chiusi e occhi sbarrati riesce a trasmettermi un’umanità rara, accompagnando un gesto di un ospedaliero solerte in Magnolia.
Il 1999 è lo stesso anno di The talented Mr. Ripley, nel quale eleva un personaggio secondario al pari del protagonista.
Quello che per me lega Freddie Miles a Lester Bangs è il contesto: la Biennale di Venezia. Ed è a Venezia che io incontro per la prima volta Hoffman durante la conferenza stampa di Almost Famous, riconoscendolo nel film mentre è di schiena grazie a quella voce davvero impareggiabile
Dopo vengono la 25th hour e Along came Polly, nei quali Philip Seymour tira in remi in barca e si prepara per la sua sfida più grande: Capote. Qui il controllo sul corpo e sulla voce è totale, come quel sorriso leggermente lasciato andare e quel mento sornione. Dopo questo film Hoffman non è più un attore di culto, da Sundance o circolo dei cinamaddicted, è una star di Hollywood.
Dalla Biennale di Venezia al Torino Film Festival: è qui che scopro una perla, The Savages, scritto e diretto da Tamara Jenkins. Hoffman e Laura Linney sono un fratello e sorella di una famiglia frammentata che sono costretti a riavvicinarsi quando il padre viene ricoverato e si devono prendere cura di lui. Un contesto sottile nel quale si muovono personalità anaffettive.
Da Torino a Roma, sono in sala alla Festa del Cinema per la prima mondiale di Before the Devil Knows You’re Dead (tradotto impunemente “Onora il padre e la madre), ultimo film di Sidney Lumet e, già dalla scena di apertura, Hoffman non si tira indietro e mette con Marisa Tomei tutto il suo corpo al servizio del grande maestro.
Hoffman ha oltrepassato la fase del disincanto ed è pronto a diventare il cattivo: Sidney Lumet costruisce la sua progressiva discesa negli inferi, una Breaking Bad ante litteram.
Ormai Philip Seymour Hoffman è un attore da almeno 3 film all’anno. Non c’è più bisogno di cercarlo in fondo ai credits perché è lui a trovare te. Ed è così che me lo gusto ne The Doubt
Ma il personaggio che porterò con me è The Count, di The Boat That Rocked, ispirato a Emperor Rosko, un celebre DJ di BBC1 negli anni ’60. Mentre la barca sta affondando The Count resta alla console per trasmettere il più a lungo possibile, per fare quello che ama senza preoccuparsi della sua incolumità.
Date uno sguardo a tutti questi frammenti: Philip Seymour Hoffman non è stato solo un brillante interprete.
È sempre un co-autore, un attore che trasforma lo script, lo porta oltre quello che c’è meramente scritto.
Non ha mai fatto il compitino: con lui sul set o ti brillano gli occhi o ci litighi.
Wouldn’t It Be Nice?
Grazie. Che emozione rivedere questi frammenti. Su tutti “il Conte”.