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Day 6.7.8. Prisioners, Ramallah, Nabi Saleh

by rainwiz. Average Reading Time: about 5 minutes.

Ho come l'impressione che le cose che mi accadono intorno siano più veloci della mia capacità di comprenderle, figuriamoci poi della possibilità di testualizzarle. Ma oggi, dopo aver dormito 6 ore di fila per la prima volta da quando sono arrivato, posso tentare.

Martedì mattina arrivo a Ramallah per lavorare al redesign del sito del Popular Struggle Committee. Alle 8.00 sono già operativo, e mentre faccio le prime attività preliminari tipo mail check sento urlare dall'altra stanza. Tutti hanno una grande agitazione. Mahkmud viene da me e mi dice di uscire, subito. Non so che pensare. Tutti scappano e io faccio appena in tempo a prendere il passaporto e sono in strada. Che sarà? Non può essere certo una retata dell'esercito israeliano a Ramallah… Subito in macchina perché è stata annunciata per le 10.00 la liberazione di 477 prigionieri in base all'accordo di Gilad Shalit. Destinazione immediata: un grande magazzino, dove tirando su la saracinesca di un negozio spuntano centinaia di bandiere palestinesi piegate made in China. Un altro ragazzo arriva con le aste e iniziamo a montare queste bandiere. La gente del magazzino ci guarda, si ferma e viene incontro ad aiutare. Dopo 4 minuti ci saranno 30 persone a fare bandiere.

Corsa pazza per una Ramallah elettrica verso il carcere di Ofer dove la festa è iniziata da un pezzo. Migliaia di persone ammassate sulla recinzione della prigione o sedute sulla collina adiacente. Sound system assordanti. Venditori ambulanti di the, dolci, pane al sesamo. Famiglie dei prigionieri in fila con le foto dei propri cari. Donne che ballano davanti a giornalisti freelance impazziti che si arrampicano dovunque per riprendere il momento. Anche io in preda alla pulsione mediatica faccio un centinaio di foto.

La presenza massiccia, che davvero spaventa, è quella di Hamas. Camion gigante, onda sonora che copre un raggio di 600 metri, foresta di bandiere verdi, donne velate dalla testa ai piedi con fascetta verde sulla fronte che urlano "Allah Ak bahar". Penso che Hamas sia venuta a Ramallah, città storica di Fatah e della palestina secolarizzata, a fare una dimostrazione di forza. In realtà non è così: la sera, parlando con Mohammed della Popular Struggle, scopro che in WestBank Hamas è molto forte, che come consenso è ad un incollatura da Fatah e che nelle università di Al Quds e Birzeit è addirittura più rappresentativo nelle assemblee studentesche.

Dopo 3 ore alla calura, nella radura adiacente al carcere, a fare foto e a conoscere persone, mi rifugio dietro ad un camion per evitare l'insolazione e incontro un fotografo di Guastalla che mi racconta molte cose. Arriva Luisa Morgantini ed è un vortice di baci e abbracci con tutti. Luisa è conosciutissima e amata perché per molte persone è davvero un punto di riferimento. Mi presenta almeno 20 persone diverse, compreso il Ministro dei prigionieri del governo palestinese. Si, avete capito bene: il governo palestinese ha un ministero per occuparsi delle migliaia di detenuti politici reclusi in Israele.

Dopo 20 minuti è di nuovo un fuggi fuggi: le autorità israeliane hanno deciso che non libereranno i prigionieri davanti al carcere ma li trasferiranno direttamente alla Mukataa. Probabilmente ci sono troppe persone assiepate o semplicemente con la scusa della sicurezza vogliono rovinare un po' la festa alle migliaia di persone accorse. Luisa sale nella macchina della TV nazionale palestinese mentre i miei angeli custodi mi invitano a correre verso la macchina, via via via, di corsa, dobbiamo arrivare prima degli altri… Controsensi, sorpassi ascarici, non faccio in tempo a chiamare il notaio per il testamento che siamo già di fronte al mausoleo di Arafat. Immagini che rimarranno con me per molto tempo. Mamme in lacrime che riabbracciano dopo 20 anni i figli entrati in galera ragazzini e ora uomini di mezza età, prigionieri sollevati tra la folla e acclamati come rockstar dopo uno stage diving. Non ho gli strumenti per interpretare questa gioia diffusa mista a pianto, al pensiero che tanti però sono ancora dentro. Al lato della strada ci sono le famiglie dei prigionieri non liberati. Non sorridono né piangono. Stanno ritti, immobili, mantenendo le foto incorniciate all'altezza del petto.

Tutti spingono per sentire il discorso di Abu Mazen, ma io mi faccio da parte e raggiungo Luisa che sta parlando con Suad Amiri. Conosco questa donna meravigliosa e davanti a un the parliamo un po' delle sensazioni che sta provando. Luisa mi invita ad andare con lei a Nabi Saleh dove ci sarà una festa per la liberazione di 4 concittadini. Prendiamo un taxi e dopo 20 minuti di uliveti siamo lì. Il paese è piccolissimo, su un cocuzzolo. Poche strade asfaltate e una sola piazza, al centro della quale campeggia un tendone immenso multicolorato. I prigionieri liberati sono seduti su delle poltroncine rialzate e la gente del paese in fila passa, li abbraccia, li bacia. Sembra quello che succede da noi ai funerali, con la fila a fare le condoglianze ai parenti schierati. Mi mettono in mezzo alla fila ma a me non va: non conosco le loro storie e passare a stringere la mano a degli sconosciuti perché lo fanno tutti mi sembra una presa in giro, quindi devio a scattare delle foto dal belvedere. La colonia israeliana è attaccata al paese e si vede benissimo il pozzo che i coloni hanno requisito ai cittadini di Nabi Saleh, privandoli di fatto della loro acqua.

Sotto al tendone ci sono solo uomini. In tutto il paese non si vede una donna, eppure tra i 4 prigionieri liberati c'è proprio una ragazza. Chiedo in giro e mi indicano la casa dove sono le donne. La segregazione sessuale è talmente forte che ci sono due feste: una per gli uomini nello spazio pubblico, con musica dolci e internazionali e una per le donne, che festeggiano tutte in casa della prigioniera liberata. È sempre più evidente che non ho gli strumenti per capire cosa mi accade intorno.

Al ritorno verso Ramallah scambio delle impressioni con Mustafà. Lavoro un paio di ore al loro sito e poi andiamo tutti a Betlemme a mangiare i falafel del famoso Afteem. Meraviglia.

3 comments on ‘Day 6.7.8. Prisioners, Ramallah, Nabi Saleh’

  1. giorgia says:

    I tuoi resoconti sono assolutamenti magici riesci a trasmettere sensazioni. Suoni odori e colori ed e come se mentre li leggo fossi trasportata in questa splendida terra … Grazie aspetto con ansia I prossimi :))

  2. Paola says:

    " falafel" dolci o salati ?
    sono curiosissima

  3. Paola says:

     falafel polpettine di ceci e fave non ci pensavo!

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