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Iris – Vincent Van Gogh (1889)

by rainwiz. Average Reading Time: about 3 minutes.

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Sara’ stata l’aspettativa. Tutto questo tempo trascorso a pensarci. I ricordi evocati. Ma vengo folgorato. Probabilmente e’ la prima volta che percepisco la sindrome di Stendhal…
mi accascio sul divanetto saggiamente messo davanti e rimango a fissare il quadro.
Mi alzo, mi avvicino.
Mi risiedo.
Mi rialzo.
Ad un certo punto mi sento in colpa per non aver dedicato attenzione ad altre opere parimente degne di molto tempo. Ma che ci devo fare? Lotto un po’ con me stesso e con le mie fissazioni.
Poi mi rilasso. in fondo cammino dalle 9.30, cioe’ da 5 ore e mezza. Distolgo lo sguardo dal quadro e mi metto a vedere il comportamento delle persone di fronte ad esso. Ora il cuore ha ripreso a battere normalmente. Rialzo gli occhi e stavolta sento che va meglio. Sono meno ipnoticamente coinvolto. Sorrido. E’ stato davvero il momento piu’ bello della giornata. Io che sorrido da solo sulla poltroncina del museo con gli Iris davanti.
Dopo il mio sorriso il quadro ha comiciato ad aprirsi e in quel momento ho sentito delle cose.

Ora. Quelli di voi che soffrono particolarmente il soffermarsi su sensazioni e sentimentalismi saltino pure il resto del post. E’ melassa per voi. Robaccia.
Gli altri non si aspettino che io sia diventato un poeta dell’ultima ora. Sto solo cercando in un pomeriggio afoso di mettere per scritto (magari per me stesso) quello che ho sentito in quel momento. Quindi, anche voi, siete autorizzati a saltare il resto del post :).

Allora io e Vincent ci siamo per un attimo sfiorati. (Ve l’avevo detto di saltare il resto del post).
Nella mia valle di agnostici ho sentito la sua presenza e ho visto una serie di linee immaginarie sul dipinto. Linee divergenti. Mi e’ sembrato di vedere lo sguardo di van gogh nel quadro stesso.
E’ stato un attimo.
Ne esco con una nuova consapevolezza. Gli iris non sono come gli altri quadri di soggetto naturalistico di Van Gogh. Gli iris sono un’altra cosa. Sono un autoritratto. I girasoli magari sono un allegoria, un sentimento. Ma gli iris sono Van Gogh stesso. In nessuno di tutti i suoi numerosi autoritratti c’e’ tanto di se stesso come dentro agli iris.
1899 a Saint Remy. Decide di rinchiudersi (lo decide di sua volonta’ parlandone con Theo) in un manicomio. Guarda dalla finestra. Fa una serie di tele con l’ospedale e su alcune piante. Poi decide di dipingere degli iris. Un fiore come gli altri. Ma qualcosa gli sfugge di mano. Decisamente.
Fa un iris diverso dagli altri. Bianco. A lato del quadro, ai margini. Non usa molto colore con questo rispetto alla quantita’ di colore che usa per gli altri (e questo lo si puo’ ammirare solo standogli davanti). Al centro c’e’ come un vuoto e gli altri fiori sono insieme, a gruppi. Le foglie sono mosse dal vento, scorrono. Tutti i fiori vengono colpiti da questo movimento. Ma l’iris bianco e’ immobile. il suo stelo e’ quasi verticale.

Vincent e’ l’iris bianco. Ho visto i suoi occhi nel fiore. Volontariamente (?) mette se stesso nel quadro. Mette se stesso negli iris come nel “campo d grano con corvi” mette il suo destino.

Mi sono accorto che erano passati 10 minuti. Mi restava un’altra ora per vedere il resto della collezione. E c’era ancora tanto da vedere. Mi sono alzto e ho visto il resto.
Prima di andare via sono ripassato davanti agli iris. Mi sembrava di dover salutare una persona prima di andarmene.

Sono uscito dal Getty con lo sterno che faceva fatica a contenere il cuore. Mi sono sentito tutt’uno con il Vincent a cui sono legato. Il predicatore tra i minatori. L’uomo che cerca di vedere oltre ma che al contempo si sente terribilmente solo.

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