2nd Day in LA
by rainwiz. Average Reading Time: about 4 minutes.
Cari,
ho un sacco di cose da scrivere e sempre poco tempo. Devo sicuramente saltare qualcosa.
Comunque non posso saltare la seconda giornata ad LA.
Mattina. 7.20. Caldo. Verso dei gabbiani. Rumori nella stanza affianco (probabilmente riconducibili a mobili spostati alle 7 di mattina).
Mi alzo.
Lo so, oggi e’ una grande giornata. Proprio perche’ lo so mi muovo con tranquillita’, con piu’ calma degli altri giorni, senza l’avidita’ che contraddistingue un turista low budget come me.
Oggi e’ una grande giornata perche’ andro’ al John Paul Getty museum. Da solo. Si, ieri sera quando ho proposto la cosa nessuno ha fatto i salti di gioia… Ne ho subito approfittato per dire che andavo da solo. Che bello. Posso sintonizzare il mio ritmo personale con le opere, muovermi come voglio senza aspettare nessuno e senza nessuno che mi aspetti. Probabilmente e’ molto difficile vedere un museo insieme con un’altra persona se non siete molto intimi o se le vostre menti non hanno lo stesso numero di giri per secondo…
Comunque sempre con molta calma svaglio Robinson e vado a prendere il mio caffe’ Illy (3 $, ma quando ce vo’ ce vo’) nel bar piu’ figo di Santa Monica. Addirittura mi siedo per bere il caffe’ (visto che ho pagato 3 greens scoatto nel bar figo, no?) e mentre bevo mi sembra di gustare una bevanda magica. Davvero non pensavo di essere cosi’ coffee addicted. Quella mattina tutto mi e’ sembrato molto lento. Ho sfogliato il giornale e ho visto una foto di Schwarzy che incontrava Jackie Chan (che e’ in California in veste di rappresentante di un partito taiwanese). Era l’immagine della conferenza stampa di un blockbuster movie? No, era l’immagine di un meeting politico. Le mie idee sulla politica e sullo spettacolo si stavano confondendo (o chiarendo). Ho pensato a Guy Debord e mi sono sentito un situazionista piccolo piccolo con il mio blue jeans Oviesse e la maglietta “Salento 12” nel bar delle star a Santa Monica.
Al mio ritorno in albergo sono tutti svegli che mi aspettano. In effetti e’ tardino. Ci buttiamo nel traffico di L.A. e io propongo di fare una deviazione per una stradina non trafficata che s’inerpica sulle colline: Mulholland Drive. Non e’ affatto vero che si risparmia tempo, ma mi sembra una scusa plausibile per fare un tributo a David Lynch.
Arrivo al Getty Center (le cui iniziali sono JPG 🙂 e entro. Prendo il treno interno e arrivo nella piazza dell’entrata. La prima sensazione e’ assolutamente uno shock. Un posto maestoso (sopra una delle colline piu’ alte), un complesso incredibile di edifici (Richard Meier) tutto in marmo bianco proveniente da Bagni di Tivoli e una vista mozzafiato 360 degree su L.A.
Respiro. Scopro che l’entrata e’ free e penso che questo signor Getty deve essere stato un mazzaro’ del 1900, stracarico di soldi ma con nessuno che gli volesse bene veramente. La sua biografia non e’ cosi’ interessante (tranne che per gli episodi di tirchieria esplicita). In punto di morte si scopre che ha lasciato una somma astronomica per la costruzione del museo che dovra’ ospitare la sua collezione. Non lascia nulla a molti dei suoi discendenti. Vabbe’…
La collezione mostra tutto l’amore che un americano puo’ avere per l’europa tout court. non c’e’ nulla infatti di sudamericano, nativo USA. Pochissimo di asiatico. E’ un supercocktail europeo che parte da greci e romani e arriva fino alla fine dell 1800. Ci sono saloni in cui sono ricostruite le stanze di ville inglesi e francesi che Getty ha comprato per spogliarle anche della carta da parati e collezionare tutto come un ossesso. Consultate il sito per avere un’idea di quello che c’e’ o venitemi a trovare a casa perche’ ho acquistato i due cataloghi.
Tutta la mattina passa tra meraviglia per le opere e ammirazione per il lavoro di Meier che non ha fatto un museo ma un monumento al concetto di museo. La scelta del marmo e’ particolarmente conguente con l’idea scultorea dell’architettura come monumento.
Passo sale e saloni e passa il tempo. Oggi e’ una giornata speciale. Lo so. Io conosco tutta la storia di questo museo perche’ ho sempre seguito la storia di un quadro che vi e’ contenuto. So che prima del 1996 (anno della conclusione del Getty Center) questo quadro stava nella casa/museo di Getty a Malibu’. Probabilmente sono 15 anni che sogno di vedere dal vivo quest’opera e oggi sono qui. Ho bevuto il mio caffe’ lentamente. Mi sono vestito lentamente. Bighellono per il museo senza aprire la cartina che mi hanno dato (ovviamente gratis) all’entrata. Voglio che accada quasi per caso. Che piano piano io e quest’opera ci avviciniamo senza saperlo reciprocamente. Ora che lo scrivo mi accorgo di essermi comportato esattamente cosi’, ma mentre ero li’ non ero affatto cosciente di tutto questo lento corteggiamento.
Dopo 4 ore chiamo i miei amici per disdire l’appuntamento comune. Arriverei con 2 ore di ritardo. Quindi chiedo loro di venirmi a prendere alle 16.00 all’entrata del museo. Come un giocatore di poker prendo tempo prima di far vedere il punto. Ricomincio la visita e entro in una sala molto grande. Vedo un Gaugin, un Alfred Sisley, un Camille Pisarro e capisco che ci siamo. Siamo la…
Riduco come un ragazzino il mio cono visivo e mi sposto senza guardarmi attorno. Il cuore comincia a battere + forte. Ora che lo scrivo mi sembra tutto cosi’ grottesco, sciocco…
Un altra tela, un altra e poi la coda del mio occhio destro vede un fiore. Ci sono. Meglio, noi due, ci siamo…
iper fetish.
Simply trezziante.