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Day 17 – Galilea

by rainwiz. Average Reading Time: about 4 minutes.

Shabbat a Gerusalemme.
Parlandone ieri con amici e conoscenti, un unico consiglio: scappa.

Qui sarà tutto chiuso. Tranne il quartiere arabo della città vecchia e alcune zone che resistono di Gerusalemme Est, non troverai nulla aperto né persone per strada. Evita poi Gerusalemme Ovest: il deserto.
Primi segnali: gli ATM del quartiere ebraico della città vecchia non funzionano. Un passante gentile mi spiega: è shabbat e anche l'ATM non ha senso che possa funzionare, quindi li disattiviamo.

Dopo tanto deserto vissuto nella scorsa settimana, di girare una città fantasma non mi va, quindi perché non andare in Galilea, dove ci sono moltissimi arabi e cristiani? La mia avventura inizia ieri sera nel tentativo di capire gli orari dei bus pubblici a lunga persorrenza. Tentativo vano: è shabbat, fino alle 17.30 non parte nulla. I bus arabi fanno solo Gerusalemme-Ramallah e Gerusalemme-Betlemme. Riesco però a trovare il pattonissimo Masada tours, un'organizzazione che porta i pellegrini INPS sui luoghi sacri e poi a fare i fanghi a Masada. Telefono e pattuisco il prezzo per il solo trasporto (no guided tour & no Masada please!). Partenza sabato mattina ore 6.30 da Damasco's door.

Mi presento all'appuntamento saltando la colazione. Bus? No, furgoncino anni '70 già al gran completo con gruppi di fedeli polacchi e romeni. Unici intrusi: io, un ragazzo di singapore e una ventenne australiana che si scoprirà insostenibile. Itinerario da sminarista: tutti i luoghi sacri della Galilea. Vabbé, sempre meglio di stare nella città fantasma?

Il sonno e i Joy Division mi aiutano ad arrivare a Nazareth. Città piccolina, arroccata, dove scopro che "il nazzareno" era un appellativo denigratorio, come a dire: non aspettatevi nulla da questo perché viene da una macchiolina nella cartina geografica, cioè Nazareth. La basilica dell'annunciazione sarebbe anche un bel sito archeologico se nel 1955 un tale Giovanni Muzio avesse evitato di costruire una struttura tutta lazzi con cupola megagalattica. Insomma, in questo paesone a me sembra stonare molto. Mi estraneo subito dalla flotta polacca che entra belando e faccio un giro per il paese, fino alla fontana/pozzo dove gli ortodossi, credendo fosse questo il vero posto dove l'arcangelo apparì alla Vergine, hanno pensato bene di piazzare una basilica anche loro.

L'itinerario della giornata è da seminarista. Dopo Nazareth arriviamo a Cana, famosa per il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino, ma in realtà ancor più interessante per i primi grafemi della lingue cananaiche, alle quali apparteneva l'amamaico. Io faccio questi viaggi mentali mentre l'australiana parla a macchinetta devastando il timido di Singapore.
Poi tappa a Tabga, luogo della roccia dove si crede sia avvenuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e Cafarno, città natale di San Pietro. In due ore e mezza ho visitato più chiese che negli ultimi 2 anni. Mi riposo un'oretta sulle rive del mar di Galilea e penso che questi posti sarebbero incantevoli se non ci fosse un turismo di massa organizzato secondo il modello della fattoria: mandrie di fedeli con il marchio di congregazione che arrivano tutti insieme, travolgono la serenità della campagna e di un luogo benedettino abbastanza modesto, scattano foto, vanno al bagno, accendono candele e ripartono. Io guardo incuriosito mentre questa sorta di pit stop della fede mi passa affianco e noto il mosaico bizantino che riveste il pavimento del monastero. Mi ricorda Otranto, Michele, Elisa, Stefano, Gabri, Stetto e Grazio Gianfreda.

Ultima tappa del superpurificante tour: il fiume Giordano, il santuario del battesimo. Qui mi prende bene. Vedo persone di tutte le età che arrivano, si spogliano restando in costume o mutande per poi indossare una vestaglia bianca. Tutti in fila, verso una bagno fresco e sacramentale nelle acque poco chiare e molto tiberine del Giordano. Si mi prende bene vedere la gioia e i passi incerti delle donne di 70 e più che con incedere imbranato si tuffano nel fiume.

Sulla via del ritorno il furgone attraversa la valla del Giordano. La stessa valle che vedemmo in Aprile e dove costruimmo una scuola intitolata a Vittorio Arrigoni. La stessa scuola per la quale fui interrogato un'ora e mezza in aeroporto e che l'esercito israeliano ha abbattuto un mese fa, all'inizio dell'ano scolastico. È il tramonto, i colori sono bellissimi ma io ho un groppo in gola. Guardo i palmeti sfavillanti delle colonie e penso al Governatore della provincia palestinese che denunciava l'esproprio di acqua potabile. L'acqua, il bene oggetto del contendere in West Bank, da Nabi Saleh alla valle del Giordano, che viene tolta alle comunità beduine che vivono nel deserto e usata per annaffiare alberi da frutto rigogliosi in piantagioni ad alto rendimento. Piantagioni che riverseranno i loro prodotti proprio in West Bank, dove Israele chiudendo le frontiere può controllare completamente il mercato alimentare.

Sono stanco. Stasera non uscirò per Gerusalemme.

One comment on ‘Day 17 – Galilea’

  1. pina says:

    Ciao Raff, anche a me viene il groppo in gola leggendoti. Ancora buon viaggio 🙂

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