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“Il profumo” di Süskind

by rainwiz. Average Reading Time: about 2 minutes.

Come scegliamo i libri da leggere? Spesso non lo facciamo, anzi, veniamo scelti.
Allora capita che una serata di agosto mentre passeggi con degli amici per Lecce vedi la vetrina di una libreria aperta. Entri, rovisti ed esci apparentemente senza acquisti, ma vieni gabbato da Mauro che ti mette sotto il naso un libro dicendo "L’ho comprato per regalartelo. Devi assolutamente leggerlo". (Menomale che non ha detto una delle sue frasi solite, tipo "È il punto di arrivo massimo raggiunto dall scrittura" o "È il capolavoro della letteratura dal Duecento ad oggi"…)

Ringrazio Mauro e faccio la conoscenza de "Il profumo", romanzo del 1985 di Patrick Süskind (che, da pessimo lettore di cronache editoriali, ignoravo in toto). Per qualche settimana gravita in buona compagnia sullo scaffale "Da leggere prossimamente" della libreria di casa. Arriva il suo momento, e l’inizio è sorprendente:

"Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenuille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali quali de Sade, Saint-Just, Fouché, Bonaparte ecc., oggi è caduto nell’oblio non è certo perché Grenuille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri, immoralità, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un territorio della storia che non lascia traccia: nel fugace regno degli odori."

Un incipit davvero irresistibile (riportato anche in 4a di copertina) che lascia presagire gemme e altre meraviglie. Ma questa forza non è espressa in tutto il romanzo, anzi, spesso viene trascurata a scapito della volontà di narrare un percorso delineato, cioè di orchestrare un racconto in cui lo scrittore non vive in maniera intima le passioni dei personaggi.

Mi viene da pensare: come avrebbe reso Dostoevskij il male involontario di Grenouille? Come avrebbe raccontato Joyce i sette anni (stracompressi) nella pancia della montagna? Che affresco di Parigi o di Grasse ci avrebbe dato Balzàc?

Allora vuol dire che qualcosa non torna e, pur riconoscendo a Süskind l’abilità di scrivere dei bei passi e la capacità di ingegnare una bella storia, chiudo il libro facendo un grande respiro e penso che non lo rileggerò.

Postilla: Süskind riesce spesso (non sempre) a rendere con le parole "l’odore" dei profumi complessi e immaginari maneggiati da Grenouille, e questo gli va riconosciuto perché è un piccolo miracolo.

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