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Cover Boy sa di non avere Tutta la vita davanti

by rainwiz. Average Reading Time: about 3 minutes.

Contesto: Ho visto Cover Boy – l’ultima rivoluzione (2007) di Carmine Amoroso e Tutta la vita davanti (2007) di Paolo Virzì

Casualmente nelle ultime due settimane il mondo del cinema italiano ha scoperto la precarietà.  Menomale.  Qualcuno sembra accorgersene. Dopo i lavori sui GGGIOVANI (che sono sempre, un po’, imbarazzanti perché scritti da chi non lo è e forse non lo è stato), sulla classe operaia, sugli yuppie golden boy, si parla un po’ di come vivono milioni (si, milioni…) di persone in questo paese. Come sempre il documentario è arrivato in anticipo sul tema, e ci ha regalato delle perle come Parole Sante di Ascanio Celestini. Peccato che il famigerato sistema distributivo delle pellicole italiane abbia puntato su questi prodotti i soliti 3,20 euro: il francobollo e la raccomandata per dire "le faremo sapere"…

Comunque, parliamo di questi due film, davvero molto diversi.
Una neolaureata fuorisede di una famiglia middle class per Virzì contro due ragazzi (lavoratore precario / immigrato clandestino) che s’incontrano per caso e iniziano a sorreggersi reciprocamente condividendo una vita ai limiti della famosa "soglia di povertà".

Il punto di vista è pressoché simile. Le storie sono focalizzate sul personaggio principale (lei/loro): tutti gli accadimenti sono presentati all’interno del contesto dei protagonisti: poco sfondo, poca profondità sui personaggi di contorno, che talvolta sono davvero troppo piatti, ancelle del racconto, quasi macchiettistici e poco credibili (soprattutto i personaggi di Ghini e della Ferilli nel film di Virzì).
L’elemento che traccia un solco di distinzione molto forte tra i due film è l’approccio al tema: da un lato il racconto in chiave comico satirica e dall’altro racconto discreto di una storia piccola, situata ai margini.

Tutta la vita davanti è difficilmente definibile come un film di denuncia: vuole divertire, raccontarti una storia in cui lo spettatore possa facilmente essere dalla parte del protagonista. Cerca la risata facile e quella più raffinata, ma toppa completamente la trattazione del presunto centro del discorso (la precarietà): vorrebbe essere satirico, ma esagera le rappresentazioni al massimo, trasformando la satira in iperbole. Ne consegue che tutti (tutti) i professori della sessione di laurea sono ultrasettantenni, che le colleghe della protagonista siano esageratamente coatte, che tutti i venditori facciano l’haka in palestra per motivarsi…
Il risultato è controproducente: la messa in scena diventa così paradossale che non è possibile crederla come reale. L’effetto di perdita di credibilità del racconto è esponenziale. Gli ultimi 10 minuti annoverano omicidi grotteschi e arresti in reality show style: sono devastanti.
Il finale nella casa del mulino bianco con il pranzo in giardino è veramente offensivo. E’ dolce la bimba che vuole fare psicologia ma l’inquadratura alta finale alla "volemose bene" chiude (all’italiana) l’ennesima storia (tutta italiana): a tarallucci e vino. Offensivo. Dico offensivo e lo sottoscrivo.

Coverboy è un’altra pasta. Seppur pieno zeppo di difetti (alcune scene a vuoto, fotografia poco controllata) è un film umile che mira dritto. Il taglio di "inseguitori" delle vite di questi due ragazzi pone lo spettatore nella posizione di colui che è al cospetto di intimità fragili. La parte "romana" della storia è ambientata negli interstizi della città (i sotterranei di Termini, gli sfasci di via degli angeli, la via del mare, il parchetto a S. Giovanni) e l’effetto che ne viene è esattamente l’opposto delle Pleiadi (scenografia urbanistica da vite di fiction) inserite da Virzì: un mondo di "sotterranei" (nell’accezione di Kerouac) che perdono lentamente la speranza in un futuro migliore. Infatti i tentativi di "costruire qualcosa" dei due protagonisti sono ostacolati ogni volta: la mancanza del permesso di soggiorno o i "padroncini di azienducole" senza scrupoli allontanano sempre il miraggio di una vita lavorativamente ed economicamente stabile.
un altro pregio del film è mostrare la sete di successo della classe economico/creativa (un po’ radical ma molto chic) del paese, che ha superato qualunque "questione morale" ed è pronta a mettere in gioco qualunque emozione pur di spingere un brand. Il finale (risolto o non risolto?) ha un’esplosione lirica: la celebrazione del rapporto tra due persone che hanno condiviso emozioni e che sono legate per sempre, nonostante l’accaduto.

Dettaglio produttivo:
Entrambi hanno preso dei finanziamenti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ma Coverboy è un film indie prodotto dalla Paco Cinematografica & Filand mentre Tutta la vita davanti è una produzione Medusa.

One comment on ‘Cover Boy sa di non avere Tutta la vita davanti’

  1. maumau says:

    Una delle perle del film di Virzì è l’incontro tra Mastrandrea e la Ramazzotti, cinepresa che ruota a 180 gradi sul corpo nudo della bella Micaela, con l’inquadratura finale che dimostra come per il regista di vita ce ne sia molta anche didietro.

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