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456 di Mattia Torre

by rainwiz. Average Reading Time: about 2 minutes.

Ancora Mattia Torre.

Come se non bastassero Boris, Migliore, Piovono Mucche.

 Locandina di 4 5 6

No, quando sei così bravo, in effetti non bastano.

E allora mosso dai soliti amici ben informati (grazie Carlotta) vado il 3 marzo dello scorso anno al Piccolo Eliseo a vedere questo 456, una perla assoluta.

Si alza il sipario e vedi una cucina, di quelle grandi che mia nonna chiamava tinello. Non ditemi che non avete mai vissuto in un tinello! Quella stanza dove si sistemano le cose quando si rientra a casa, si cucina, si studia, si mangia… beh, si mangia solo quando non si hanno ospiti, altrimenti c'è la sala da pranzo, cioè la famiglia che si mette il vestito buono, prende il servizio dalla credenza e gli toglie la polvere, caccia fuori la tovaglia delle occasioni.

Ma la sala da pranzo è la finzione, il palcoscenico della famiglia, invece il tinello è la vita di tutti i giorni, il teatro della vita agra.
Una pentola sul fuoco dove ribolle il sugo perpetuo, lì dalla notte dei tempi, mai spento sempre "rabboccato", un tavolaccio grande dove si fa tutto, un salame appeso e un piccolo inginocchiatoio che affaccia sulla quarta parete.

Poi arrivano loro.

Padre, madre e figlio. Brutti, sporchi e cattivi.

Lacerati da una condizione esistenziale che non gli offre spiragli di emancipazione. Tutti dediti alla sussistenza, convinti come sono che abbassare la testa verso l'alto e scalciare verso il basso sia la strategia vincente per la conservazione del loro gramo status.
Ma il figlio non ci sta. Ci prova. Qualche rivolo di speranza verso una vita migliore lo ha raggiunto. Ma non è un cuor di leone e i suoi tentativi di uscire dalla cappa creata dal sugo di nonna sono poco convinti.

Immaginatevi "un certo sud" come se fosse uno stato mentale, una condizione esistenziale.
Ecco. Un tinello qualunque, una vita a sperare che l'amico dell'amico ti sistemi, una vita a fare sughi e calcoli sul prossimo e non su te stesso.
Il tutto fruito attraverso una lingua inventata, che saccheggia le forme dialettali che conosciamo per renderle caricature di un modo di pensare, una sorta di SapirWhorf al contrario.

Ah. 4, 5, 6 si definirebbe una commedia. E si ride di gusto.
Ma davanti a tutto quello che Mattia Torre ci racconta, le risate passano in secondo piano, scolorano nel dettaglio.

Ancora Mattia Torre? Beh, Menomale!

P.S. Ripesco questo post (dimenticato in draft dal 4 marzo 2011) perché ieri sera ho visto

P.S.2. Un grazie sincero a Pietro Sermonti e Ninni Bruschetta che hanno prodotto lo spettacolo teatrale.

One comment on ‘456 di Mattia Torre’

  1. Roberto Junior Fusco says:

    cavolo non sapevo niente di questo spettacolo. Seguo Torre dai tempi di Buttafuori, una serie che in pochi apprezzammo all’epoca.

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