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Dolls (2002)

by rainwiz. Average Reading Time: about a minute.

Contesto: Ho visto Dolls (2007) di Takeshi Kitano

Che ruolo ha il caso nelle nostre vite? Davvero, come sosteneva il personaggio di Teorema (1968) i segni nascono per caso?
Non mi stavo chiedendo questo l’altra sera. Stavo combattendo con un’influenza intestinale che mi aveva fatto rinunciare al primo sabato soleggiato della primavera romana. Mentre il telefono impazziva di feste, cene, "vediamoci al cinema, andiamo alla serata burlesque", io dormivo per lenire il mal di testa. Alle 21.00 mi sono alzato per mangiare un riso in bianco. Avevo bisogno di qualcosa che potesse tirarmi fuori dalla sensazione di malessere. Non c’è un motivo per il quale ho scelto di vedere Dolls. Anzi, forse l’ho scelto perché lo associavo ad un momento molto bello vissuto a Venezia 2002 con Michele e Albe. Forse.

Non mi aspettavo di vedere un film totalmente diverso da quello che ricordavo di aver visto. Il rapporto problematico tra passione e felicità mi si è catapultato addosso, trovandomi disarmato. Kitano finge di trattarlo con distacco, invece c’è dentro. L’impressione che conservavo era quella di un film delicato, impalpabile. Ma la fotografia inganna e trasforma le immagini di una serie di ineluttabili tragedie in dolci acquerelli. L’uso delle metafore deve molto alla tradizione del racconto classico. Kitano stabilisce subito un accordo con lo spettatore: ti faccio vedere subito quello che ti racconterò attraverso i miei personaggi / marionette. In questo modo l’ultima scena è preparata, e riceve forza da tutto il film.

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