Vi racconto chi era Bassem Abu Rahma
by rainwiz. Average Reading Time: about 4 minutes.
Ciao Bassem,
le persone che ti hanno conosciuto quando sentono il tuo nome sorridono. “Phil“, mi dicono, “chiamalo Phil”, che significa elefante, il soprannome che ti avevano dato perché eri alto e robusto.
Noi non ci siamo mai incontrati, perché il 17 aprile 2009 una granata lacrimogena sparata ad altezza uomo ti è esplosa sul petto mentre eri disarmato e marciavi verso il muro di separazione. Mohammed Khatib, un tuo amico che ho incontrato nel 2011 a Bil in, mi ha detto che eri la mascotte del villaggio, perché amavi stare in mezzo a tutti i bambini che, nonostante il tuo fisico imponente, ti trattavano come un compagno di giochi. Mi ha detto anche che eri un uomo straordinariamente generoso: quel 17 aprile di mattina eri andato a trovare Hamis, un amico con il cranio fratturato a causa di una granata lacrimogena che lo aveva colpito pochi mesi prima sempre durante una manifestazione. La stessa arma che ti ucciderà poche ore dopo.
La tua storia è tragicamente legata alla barriera di separazione, il muro che divide Israele da una parte dei Territori Occupati. L’idea di costruire delle barriere fisiche tra i territori palestinesi e Israele risale al 1992, ma è solo dieci anni dopo, in piena seconda intifada, che i lavori iniziarono con lo scopo di impedire fisicamente l’intrusione di palestinesi nel territorio israeliano. Da allora il tracciato del muro è stato più volte ridisegnato, con l’obiettivo di includere nello Stato di Israele le colonie presenti in Cisgiordania. Il tracciato attuale non segue la green line ed espropria di fatto il 10% della terra palestinese occupata nel 1967, peggiorando le condizioni di vita di milioni di persone (rapporto UNOCHA).
Cinque anni prima della tua morte, il 9 luglio 2004, la Corte Internazionale di Giustizia aveva dichiarato che la barriera di separazione costituiva una violazione del diritto internazionale (atto ufficiale). La Corte Suprema israeliana pochi giorni prima aveva però ribadito il diritto di Israele a costruire il muro per ragioni di sicurezza, essenzialmente per impedire fisicamente l’ingresso sul territorio nazionale di terroristi palestinesi. Ma a Bil in era successo qualcosa di diverso: il tracciato della barriera separava gli abitanti dal villaggio dalle loro terre coltivabili, condannandoli alla povertà assoluta.
Per questo il comitato popolare di resistenza del villaggio da gennaio 2005 aveva organizzato delle proteste settimanali: ogni venerdì tutto il villaggio si sarebbe messo in marcia verso il muro per chiedere indietro la propria terra. Inoltre aveva chiesto a Michael Sfard, un avvocato specializzato in diritti umani, di rappresentare gli abitanti del villaggio presso la Suprema Corte di giustizia. Il 4 settembre 2007 Dorit Beinish, la presidente della Suprema Corte, emise una sentenza storica: “Non siamo convinti che vi siano ragioni militari per mantenere l’attuale tracciato che passa in mezzo a terre di proprietà degli abitanti del villaggio di Bil in”. Agli occhi della giustizia israeliana stessa il tracciato della barriera era riconosciuto come illegale e quindi andava rivisto. Gli abitanti di Bil in hanno fatto una grande festa quel giorno, ma hanno deciso di continuare a marciare fino a quando la barriera non sarebbe stata effettivamente spostata. La vittoria legale del comitato di Bil in fu uno stimolo positivo per tutta la resistenza non violenta palestinese. Gli altri villaggi vicini alla barriera o vicini alle colonie iniziarono a marciare pacificamente ogni settimana ponendo richieste allo Stato di Israele.
Il caso del piccolo villaggio di Bil in divenne così nazionale e il governo israeliano si trovò spiazzato. Accettare la sentenza e spostare il tracciato della barriera significava riconoscerne l’illegittimità, cioè accettare la sconfitta e incoraggiare le proteste settimanali non violente. Edu Olmert, primo ministro eletto nel 2006 in seguito all’infarto patito da Ariel Sharon, non volle dare il minimo segno di civile assunzione di responsabilità e decise di inasprire lo scontro. Avendo formato un governo di larghissime intese con le destre estreme di Shas e Yisrael Beiteinu, Olmert escogitò una serie di scuse e rinvii per non cambiare il percorso della barriera e violare quindi di fatto la decisione della Corte Suprema. A febbraio 2010, dopo due anni e mezzo, l’IDF ha finalmente spostato la barriera facendola arretrare di alcune decine di metri, alterando sì il tracciato ma precludendo ancora l’accesso a una vasta area di terre coltivabili di proprietà dei contadini di Bil in. Mentre scrivo queste parola le manifestazioni settimanali a Bil in sono ancora in corso.
Nel frattempo tu, caro Bassem e tua sorella Jawaher avete perso la vita.
Tu nel 2009, lei il 31 dicembre 2011. Siete morti mentre eravate in marcia coi vostri vicini di casa per dire al mondo che quello che vi stava accadendo era una violazione dei vostri diritti. Non eravate i leader politici del villaggio. Non eravate degli estremisti o dei violenti. Stavate cercando da anni di affermare il vostro diritto a esistere, a vivere in pace.
Bassem e Jawaher, in questa notte del venerdì santo penso a voi perché appartenete a quella schiera di persone umili che hanno messo gli interessi collettivi davanti a quelli individuali. Avete pagato con la vita una richiesta di libertà. Non sono cattolico, eppure la settimana santa che aleggia intorno a me vorrei fosse dedicata a voi: arriverà la fine dell’occupazione e sarà la vostra pasqua. Nel frattempo caro Bassem, mantieni il tuo sorriso. Io proverò a imitarti.
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