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L’inganno di J.T.Leroy

by rainwiz. Average Reading Time: almost 2 minutes.

L’acquisto è uno dei comportamenti più studiati.
M’immagino che freschi laureati di economia o giovani stagisti comunicatori stiano lavorando in delle stanze anguste con luci al neon, passando al vaglio milioni di record con i dati delle vendite cercando una legge, un principio, un postulato che spieghi in base a quali variabili le persone scelgono A e non B.

In questo universo fragile e nonsense che è la decisione d’acquisto, il libro è un prodotto dalle dinamiche ancora più sfuggenti. Le ricerche di mercato dell’AIE, anche se un po’ datate, ce lo confermano: la metà delle decisioni d’acquisto di libri non è premeditata e la scelta viene maturata direttamente il libreria.

Probabilmente è per questo che a casa mia da 4 anni girava una copia di "Ingannevole è il cuore più di ogni cosa", prezzata 6,25 €. Quella copia, invenduta e messa al piano interrato dei remainders 50%, deve aver incontrato il mio sguardo incuriosito in una delle tante pause pranzo da Mel Bookstore, mentre lavoravo in BCC Web a Via Torino.

Di nuovo senza alcun motivo, due settimane fa ho deciso di leggerlo, completamente all’oscuro rispetto allo scoop/scandalo di J.T. Leroy: seducente come apoteosi dell’inganno sentimentale almeno quanto raggelante, se si pensa alla sua finalità esclusivamente commerciale.

In realtà non m’interessa parlare del caso Laura Albert, quanto parlare del libro.
A dispetto di una impalcatura ampiamente già vista (il bambino strappato alla buona famiglia adottiva e ridato alla mamma naturale che si dimostra irresponsabile/inadatta a prendersi cura di lui), di alcuni personaggi troppo monolitici (il nonno potente quanto fanatico cattolico e i vari uomini improbabili che la donna cambia), il libro ha una forza per alcune scelte narrative, soprattutto di location: stazioni di servizio, parcheggi, roulotte, drugstore… Quella perifamerica con insegne "Texaco" dai colori molto contrastati che fa anch’essa già parte dell’immaginario collettivo, vuota e silenziosa come nelle foto di Joel Meyerowitz.

Pur salvando questo aspetto il libro non mi ha convinto, anzi, mi ha lasciato la sensazione come di un’occasione persa. Come se in nuce ci fosse qualcosa che le parole non sono riuscite a raccontare. Qualcosa che mi sarebbe piaciuto fosse stato filtrato dalla sensibilità di Larry Clark.

P.S. "All your O are belong to us"

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